La questione della storia effettiva dell’arte italiana ci guida quasi inevitabilmente alla questione della relazione reciproca tra l’arte italiana e quella tedesca. Siccome la relazione degli artisti italiani alla Germania è piuttosto marcata da un “dare e ricevere” produttivo, la Kunsthalle Mannheim ha presentato – in particolare recentemente – l’arte italiana contemporanea più frequentemente, ed in un turno irregolare ha anche messo in discussione alcune posizioni esposte. È adeguata la concentrazione a dei esempi selezionati che mostrano l’influsso internazionale dell’arte italiana del moderno, e nello stesso tempo dimostrano la sua continuità interiore. Il collegamento al proprio passato così diventa il problema decisivo, il “mito Italia”, gettato fuori dai futuristi pieni d’odio, diventa il vero centro della discussione. Nell’esposizione attuale “Full House – Gesichter einer Sammlung” ci si trovano con Alighiero e Boetti, Miguel Berrocal, Giuseppe Gallo, Domenico Gnoli, Jannis Kounellis, Mario Merz, Mimmo Rotella ed Antonio Sanfilippo otto dei più importanti concetti d’arte del nostro tempo nella Mannheimer Kunsthalle. La posizione distinta spettante in questo contesto all’opera di Giuseppe Gallo ci ha indotti a realizzare una presentazione individuale sotto il titolo “Dialoge, Werke der Jahre 1996 – 2006”.
Giuseppe Gallo, nato nel 1954 a Rogliano, vede l’interesse centrale della sua opera nel rendere visibile la relazione originale tra la natura e l’arte. Diverso dai “nuovi selvaggi” p.es. in Germania, i cui immagini spesso sono marcati da una coscienza storica estremamente critica, per Gallo la discussione con l’antichità, la protostoria italiana, e le tradizioni locali resta sempre importante. Le sue opere sono formate da oggetti incontrati, altri dipinti, sculture, oggetti ritrovati dell’esistenza umana e naturale, sviluppando così la loro forza dal gioco d’insieme di figura e spazio, forma e superficie, rappresentazione e metafora. Gallo per lo più parte da una concentrazione e semplificazione della forma, poi esamina le strutture complesse della natura , ed in un ultimo passo colloca l’uomo e la natura, l’uomo e il cosmo in un contesto dialogico. Quale esempio pregnante riferiamo brevemente all’opera “Mater Dulcissima” che in “Gesichter einer Sammlung” occupa maestosamente la sala N6 “Scheme of Things” e che è anche presentata nell’esposizione “Dialoge”.
Tanto in molte delle sue opere quanto in questa scultura di bronzo, parecchi contenuti dalla storia d’arte e che fanno riferimento alla natura sono riuniti in un fenomeno plastico altamente complesso. L’involucro di manto vuoto, fuso in un’altezza di 240 cm, si apre nella parte anteriore consentendo un’occhiata nell’interno, e fa ricordare una sorte di speco dove l’osservatore può recarsi nell’interno avendo il sentimento di sicurezza. In questo modo la forma del manto riferisce vagamente ad immagini della medievale Madonna col manto protettore e pure richiama alla memoria sotto molti aspetti le sculture del Auguste Rodin, e qui specialmente il ”Balzac”. Come le sculture del Rodin anche l’opera del Gallo è determinata formalmente dalla qualità del transitorio che mette in moto davanti ai nostri occhi il gioco di luce e ombra.